Intervista a BAC BREWING
Rapporto qualità/prezzo, servizio, tempi di risposta rapidi, sono le caratteristiche che ogni cliente si aspetta dai fornitori. Se poi si trovano anche cortesia, semplicità, professionalità e disponibilità non si può che essere in buone mani.
Andiamo pertanto a conoscere chi racchiude queste caratteristiche nella filiera degli homebrewers.
Quattro chiacchere con Francesco Teboni, alias “BacBrewing”.
Ciao Francesco, piacere di fare la tua conoscenza. So che sei di poche parole ma…raccontaci un pò di te. Chi è Francesco Teboni?
Ciao a te e a quanti stanno leggendo. Chi sono io? Nessuno di eccezionale, sarei un elettricista ma viste le grandi difficoltà lavorative ormai ristagnanti mi sono inventato questo secondo lavoro. Sono sempre un artigiano, elettricista con la passione per la meccanica, ho aggiunto questa nuova attività, sempre collegata alla ditta Energo’srl, dove io seguo la linea dell’e-commerce e mio fratello segue il settore dell’impiantistica industriale, sono felicemente sposato e papà di due ormai ragazzi, un maschio ed una femmina. Motociclista cavalcante una vecchia Moto Guzzi California III dell’86 e uno dei fondatori e gestori dell’Associazione Motociclistica Campo Bikers. Ovviamente sono anche un HomeBrewer dalla quale passione è nato BacBrewing
Cosa vuol dire “Bac”? Ho sempre pensato che fosse il diminutivo di “Bacco” ma se così fosse, il Dio del vino che centra?
Anni fa la mia passione per l’homebrewing mi ha portato, come quasi tutti gli homebrewer a provare a scegliere la via dell’apertura di un birrificio, sfortunatamente o fortunatamente poi sfociata in un nulla di fatto. Già etichettavo le mie birre con BacBeer dove Bac sta per Birra Artigianale Cesco quindi Bac è rimasto, perciò nulla a che vedere ne col grande compositore ne col mondo del vino.
BacBrewing® nasce nel 2014 come esperienza nel campo delle automazioni industriali mentre la “Teboni’s passion brewing” addirittura nel 1999. In questi 15 anni ti sei dato alla sperimentazione?
Dal 1999 ho cominciato a fare birra ma non per sperimentare pezzi, semplicemente per fare birra. Tra totali schifezze e rare bontà anche l’impianto è mutato nel tempo poi una volta avviata l’attività dell’e-commerce quando faccio birra, ahimè ormai raramente, non è più solo per fare birra ma anche per provare, testare ecc. Quasi tutti i pezzi che vendo sono frutto dell’ esclamazione “si potrebbe fare…”. E’ questa una frase che scaturisce ad ogni cotta dove non c’è volta che io ammetta che l’impianto che uso sia riconoscibile come definitivo. Da li si progetta, si costruisce, ci si arrabbia per aver perso tempo a sviluppare un’idea assurda oppure ci si da’ una pacca sulla spalla e lo si propone sul e-commerce.
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Anche Francesco Teboni ha un mentore, un mastro birraio che lo ha supportato in questa crescita?Purtroppo no, nessun mentore. Ho però avuto chi mi ha sostenuto ed incoraggiato in questa avventura e si chiama famiglia.
Con quale tecnica realizzi le tue birre? Descrivici il tuo impianto.
Utilizzo il classico metodo AG a tre tini con un impianto autocostruito che tra mille varianti avute nel tempo mi è costato una fortuna.
Come sta andando il mercato homebrewing? C’è movimento? Mappando l’Italia quale è la zona in cui esporti maggiormente?
Fino al 2016 gran parte delle vendite era concentrata tra più tra Centro, Sud Italia e Sicilia, dal 2017 bene o male le percentuali di vendita si sono allineate tra Nord, Centro, Sud e Isole. Le vendite stanno comunque andando abbastanza bene con un trend in continua, seppur lenta, ascesa. Comprendo benissimo che il momento economico a livello Italiano sia un po’ problematico quindi capisco bene chi preferisce risparmiare acquistando prodotti analoghi in vendita ad esempio su Amazon o simili. Bisogna però che io metta dei puntini sulle “i”. L’inox che utilizzo come barre, tubi e lamiere è di fusione certificata Italiana, le lavorazioni, tutte artigianali, subiscono decapaggio, elettrolucidatura e passivazione. Sui prodotti che prevedono tali lavorazioni inserisco sempre un tagliandino dove spunto le voci di lavorazione eseguite. Sapendo i costi che comportano tali passaggi, obbligatori per gli articoli che subiscono un trattamento termico tipo la saldatura a tig, mi piace certificare che ad esempio il pezzo sia stato elettrodecapato, elettrolucidato e passivato ad immersione. E’ per me un motivo di vanto poter certificare questo sia per rassicurare il cliente finale sulla idoneità al contatto con gli alimenti secondo la direttiva ASTM380-976 USA (è’ questa la direttiva più rigida presa a livello mondiale come linea guida sulle lavorazioni, sui materiali e le finiture da utilizzare per parti in inox entranti a contatto con alimenti, cosa che mi sembra ben pochi facciano) sia per giustificare un costo maggiore di altri prodotti analoghi. Basti pensare che tra impianto di elettrolucidatura e i vari acidi utilizzati stiamo parlando di circa 35 mila € di valore. Ovviamente tale voce di spesa va spalmata sui costi del prodotto finale innalzando il prezzo.
Chi disegna, progetta e realizza i tuoi prodotti?
Tutto da solo, dal progetto all’imballaggio. Da qui si può capire che a volte abbia qualche ritardo nelle esecuzioni.
Quali sono gli articoli più richiesti?
Un buon successo lo sto avendo con l’ossigenatore e con gli accessori studiati per Braumeister, questi sono i prodotti che fanno si che spedisca all’estero e che attualmente tre realtà e-commerce, sempre al di fuori dei confini nazionali vendano anche i miei prodotti. Orgogliosamente da metà novembre 2017 posso dire di aver spedito in tutto il mondo.
Sebbene alcune dimensioni lo consentirebbero, come mai non sono marchiati con il logo della Bacbrewing? Sarà una delle prossime mosse?
Con questa domanda mi hai colpito al cuore. Gli investimenti per il 2017 sono già stati notevoli con l’impianto di elettrolucidatura, la marcatura è prevista per il 2018
Hai prodotti di alta qualità tanto che in molti li richiedono. Addirittura c’è un mercato di scambio, un pò come le figurine PaninI dei calciatori. Che effetto fa sapere di essere un riferimento per gli homebrewers che desiderano le tue attrezzature?
Se ti dicessi che non mi interessa, che non mi tocca e che non mi da motivo di orgoglio sarei oltre che un pirla anche un falso. Mi fa un piacere enorme!
Sul sito (http://www.bacbrewing.com), si accenna alla storia. Fai esplicito riferimento a questo hobby. [Cito]:”…Mi sono reso conto nell’arco del tempo che c’è carenza di prodotti un gradino più alto dei soliti … ma rimanendo nell’hobby il vuoto è pressochè totale…” [Fine citazione]. Proprio perchè hobby è “passione”, “passatempo”, “divertimento”, “fai da te” e aggiungo io, “capacità di massimizzare i profitti minimizzando gli sforzi”, su cosa si basa la tua politica dei costi?
Purtroppo la politica dei costi non permette romanticismi, la mia è un’attività che soddisfa si le richieste di un hobby ma pur sempre attività resta. Quindi voci come costo materiale, manodopera, costi gestionali, energetici, tasse e ricavi non sono una filosofia romantica. Sono numeri e quando sommi il tutto e tiri una linea il risultato deve essere positivo.
Pezzi unici indirizzati agli HB sulla cui fattura estetico/funzionale (accattivante e pratica) non si discute e sulla cui indubbia qualitá, la rete si spreca in feedback positivi. Da cliente soddisfatto però ti domando se hai mai pensato di offrire alla platea modalità di spedizioni diverse.
Ho già provato con altri spedizionieri tra i quali cito ad esempio i più conosciuti come BRT, SDA, UPS ma anche altri. Tra questi (e non dico quale) c’è chi prometteva prezzi più bassi dello spedizioniere che attualmente utilizzo (DHL). Ma messi alla prova, alle parole non sono seguiti i fatti. C’è chi presentandosi ti dice che spedisce ovunque in tutto il mondo ma che poi vai a vedere bene e non spedisce ad esempio in Norvegia (fatalità proprio dove volevo). C’è poi chi ritira il pacco e devi votarti a Padre Pio perché arrivi a destinazione, possibilmente integro. Anche creare la spedizione e stampare l’etichetta può sembrare banale ma ad esempio con uno spedizioniere ci vogliono circa 10 minuti con un altro (giuro) dopo 25 minuti mi sono arreso. Con DHL? Per un indirizzo già caricato ci vogliono 30 secondi, per un nuovo cliente dopo un minuto l’etichetta è stampata. Quindi se utilizzassi altri spedizionieri dovrei aggiungere i costi di creazione etichetta. So per certo che spedire con DHL è più costoso di altri ma so anche che il pacco una volta affidato al corriere arriva al destinatario. Al destinatario arriva il codice di tracciabilità, una app sul cellulare per poter gestire la spedizione, non c’è nessuno alla consegna? Nessun problema ritentano la consegna più e più volte senza ulteriori spese. Come dicevo prima gestendo tutto ma proprio tutto da solo non ho tempo da perdere per dover seguire lamentele del tipo “Dov’è finito il mio pacco, non mi è arrivato il codice, mi è arrivato il pacco rotto” ecc. Queste eventuali lamentele non farebbero fare brutta figura allo spedizioniere ma a BacBrewing che utilizza quello spedizioniere. Questo non deve succedere, non ho sudato tanto per farmi una buona reputazione per buttare tutto all’aria per colpa di spedizionieri più economici ma poco seri quindi, almeno per ora, utilizzo solo ed esclusivamente DHL.
Nell’augurarti un grosso in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri, ringraziandoti per la pazienza ti chiedo in chiusura quali sono le birre che prediligi bere, quelle che ti piace fare e quelle “bandite”?
La birra che preferisco è proprio la birra che non ho mai fatto ma che mi accingo a fare per la prima volta tra circa un paio di settimane. Ho fatto delle bitter, delle lager generiche con fermentazioni in alta che quindi di lager avevano ben poco e per ultime ho fatto delle Ale, stile inglese, nulla di strano come tipologia con una ricetta trovata su internet col fantastico luppolo East Kent Golding ma con qualche piccola modifica personale del tipo “Io qui non posso entrare” rivolto al Chocolate. Non essendo un alchemico della birra non mi ci metto neanche a fare una ricetta, tutt’al più apporto piccole modifiche però a me e anche ad altri queste ultime Ale piacevano…. direi anche molto! Ora però voglio fare la birra che veramente amo e che penso sia la più difficile da fare ovvero una Pilsner. Reputo che fare una Pilsner sia relativamente semplice ma farla buona sia ben più difficile. Hai a disposizione 5 ingredienti. Acqua, un tipo di orzo, un tipo di luppolo, lievito. Non avendo a disposizione il quinto fondamentale ingrediente, l’ esperienza, Il minimo errore salta fuori e non puoi coprirlo con luppolo o spezie varie a badilate. Come dico sempre credo non sia assolutamente vero che la Pilsner, come tipologia di birra, sia passata di moda, semplicemente con 4 (5) ingredienti fare una buona Pilsner è molto difficile e pochi birrai si cimentano in questa sfida, sicuramente anch’io non riuscirò nell’intento ma perché non provarci!
Ci sono due tipi di birre che non mi piacciono. Sono le extra luppolate e le acide. Le acide non mi piacciono semplicemente perché non mi piacciono. De Gustibus!
L’ho detto anche a Paolo Erne un paio d’anni fa “Paolo le acide non mi piacciono, fammele piacere” Mi ha fatto assaggiare le sue birre spillate dalle botticelle, mi ha molto pazientemente spiegato la loro storia, la lunga fermentazione, la lunga maturazione eccetera, me ne ha fatte assaggiare 3-4-5 e dopo un pò (non ridete, erano assaggini, non ero ubriaco) devo dire che il palato, non abituato all’astringenza, cominciava ad assecondare, ad accettare questa nuova esperienza gustativa. Personalmente non avevo più la riluttanza iniziale e l’approccio era meno difficoltoso. Ma in 10 minuti non posso cambiare idea ne tanto meno i gusti. Sicuramente neanche la mentalità. Quindi tutt’ora le acide non mi piacciono ma ho un profondo rispetto verso chi la fa, la degusta e verso chi di questa tipologia ne è ambasciatore.
L’altra tipologia di cui non vado matto sono le extra luppolate. Se viene fatta è perché c’è richiesta, però bisogna anche dire che, secondo il mio modestissimo parere, se viene richiesta è perché viene fatta. Mi spiego meglio. Agli albori della nascita della fenomenologia “Birra Artigianale” non più come homebrewing ma come mescita verso il pubblico, si paragonavano birre commerciali presenti da anni sul mercato, con birre nuove aventi un gusto completamente ”diverso”. Il palato, come ogni altro senso, va abituato lentamente e progressivamente.
Quindi per avere un riscontro immediato in termini di maggiori vendite, sempre secondo il mio modestissimo parere, si è osato un po’ di più proponendo birre dove, a differenza delle commerciali, l’aroma del luppolo era chiaramente più marcato. Forse però in alcuni casi si è un po’ esagerato proponendo birre che sapevano di luppolo…e nulla più!
Nel frattempo però il palato si è abituato a questa nuova esperienza, di conseguenza anche l’homebrewer si è adeguato alla (passatemi il termine) moda di birre che “sanno tanto di luppolo”. Il problema è che il luppolo, grazie alla sua potenza olfattiva e gustativa, riesce ad occultare, a chi come me non è un esperto degustatore, i difetti derivati da una cotta non eseguita correttamente con, ad esempio, acqua non idonea a quella tipologia di birra, temperature e tempi non proprio corretti, livelli di ph non corretti, temperature di fermentazione sballate, lieviti sbagliati per quella tipologia di birra eccetera. Non si è puntato a correggere i difetti ma ci si è concentrati sul come coprirli.
Sia ben chiaro che non sono a prescindere contro questa tipologia di birra ma c’è modo e modo di fare una extraluppolata. Tutto deve essere bilanciato, malto e luppolo si devono sposare bene, devono essere idonei uno all’altro e un ingrediente non deve coprire l’altro. Ed è solo la grande sapienza di un bravo mastro birraio accumulata con altrettanta grande pazienza nella ricerca della corretta combinazione degli ingredienti che può fare di una extraluppolata una birra corretta, bilanciata, buona.
Chiudo questo discorso col quale mi sarò sicuramente fatto nuovi nemici ma forse anche qualche nuovo amico, che per osare con birre complesse, ma anche per birre cosiddette “normali” è meglio prima di cercare la ricetta fare dei corsi di degustazione per insegnare alle nostre care papille gustative a riconoscere il tipo di orzo, il tipo di luppolo eccetera ma soprattutto per riconoscere i difetti di una birra. Se col tempo e l’esperienza arrivi ad un punto che sai individuare e soprattutto correggere i difetti, la birra che fai, qualsiasi sia la tipologia di birra che fai, quella è una Buona Birra!