– 16 – La birra in Tour…aneddoti

 

 

Lauri_Pihkala_2.jpgSul rapporto più o meno idilliaco tra alcol e attività sportiva si trova ampia letteratura. Fiumi di parole, testi scientifici, studi, esami, dibattimenti tra calorosi sostenitori che ne sostengono i benefici derivanti dal suo utilizzo, contrapposti alle fredde fazioni di convinti puristi negazionisti. «Piuttosto che bere (e basta), è meglio che i ragazzi facciano sport e bevano!» disse lo sportivo finlandese Tahko Pihkala, ideatore del pesäpallo, variante nordica del baseball.

 

Da che mondo è mondo diversi atleti raramente hanno fatto spallucce davanti all’offerta di bere un drink. Nel primo Novecento quando le società sportive supportavano il movimento per la temperanza, lo sport legò le sue storie più all’alcol che non alla sobrietà: anche in alcune delle vittorie di tappa del Tour de France c’è lo zampino della birra.

 

suomalainen-pesapallo.jpgLa cultura sportiva moderna affonda le sue radici in Inghilterra intorno all’Ottocento, periodo nel quale le attività fisiche ricreative svolte dall’aristocrazia e dalla classe operaia mutarono in un divenire regolamentato. I nobili praticavano il cricket. Durante la competizione erano dediti al consumo di tè, ma dopo la partita si concedevano piaceri più “impegnativi”. La gente comune preferiva i giochi a squadre svolti nelle zone del mercato all’aperto in una atmosfera gioiosa e conviviale, alimentata dal consumo di birra, gin e acquavite. La birra era il toccasana dei baldanzosi atleti dediti allo sforzo fisico che si aspettavano di ricavarne la stessa forza e il vigore che gli scaricatori di porto di Londra ricavavano dalle loro Porter.

 

Il giornalista sportivo John Badcock nel 1828 scriveva: «La bevanda migliore per l’atleta è la Strong Ale, fredda e meglio ancor se prodotta in casa. Un goccio di vino rosso va bene per chi non ama le bevande fermentate, ma in tal caso mai più di mezza pinta dopo pasto. La quantità di birra non dovrebbe superare le tre pinte al giorno, meglio se consumata a colazione e a pranzo, non a cena. Non si deve mai bere solo acqua e i distillati sono severamente proibiti, purché non siano diluiti».

 

Nell’Ottocento era opinione diffusa che i distillati migliorassero la resistenza agendo come stimolante a breve termine. Verso la fine del secolo si insinuarono i primi dubbi sulla fondatezza di questa tesi. I detrattori dell’alcol più moderati li esortavano a evitare i distillati ai pasti ma di non disdegnare la birra quando gareggiavano. Ai podisti si raccomandava il cognac, ai ciclisti rum e spumante.

 

Margaret.jpgDurante il tentativo di battere il record mondiale di endurance femminile (percorrere 4.184 chilometri in 296 ore) Margaret Gast, durante la sua corsa beveva piccole quantità di birra e brandy.

tom-hicks-1904.jpgDurante le Olimpiadi di Saint Louis svoltesi nel 1904 l’(ab)uso di alcol assunto come stimolante delle capacità di resistenza quasi fece la prima vittima mettendo KO il maratoneta Thomas Hicks. In gara iniziarono i cedimenti e lo staff gli fece bere un cocktail a base di brandy e stricnina. Non appagati dal risultato lo convinsero a berne ancora. Si riprese, aumentò il passo tagliando per primo il traguardo e conquistando la medaglia d’oro. Ma subito dopo svenne provato dallo sforzo e dalla pozione magica. La stricnina negli anni a venire sarà usata principalmente come veleno per topi. Col tempo il consumo di bevande ad elevato contenuto alcolico ebbe un drastico calo nell’ambito delle gare di ciclismo. Non tanto per ragioni salutistiche quanto perché nuove sostanze iniziarono a prendere il loro posto. Si trattava di cocaina ed eroina in grado di alleviare i segni della stanchezza. Solo la birra era ancora ampiamente consumata nelle corse a tappe.

1903-feedzone.jpgDurante il Tour de France del 1903 i ciclisti potevano rifocillarsi sostando lungo il tragitto per mangiare e bere presso punti tappa organizzati dalle squadre e dai supporter. I regolamenti di allora non consentivano ai concorrenti di aiutarsi a vicenda. Ogni valida alternativa per riempire la borraccia era presa in considerazione. Le più gettonate erano: accettare bevande dagli spettatori, sostare presso una fonte di acqua o entrare in un’osteria.

Julien_Moineau.jpgNel settennio che va dal 1905 al 1912 la vittoria del Tour veniva assegnata a chi accumulava più punti dopo ogni singola tappa. Il ritorno alla classifica basata sul tempo non fu per i corridori un motivo ostativo per dare molta importanza all’orologio (tra il vincitore e quello che tagliò il traguardo in decima posizione si registrò un intervallo di quasi otto ore).

Estate del 1935. Mercoledì 24 luglio. Si corre la ventesima edizione del Tour in una giornata soleggiata dal cielo terso, senza l’ombra di una nuvola che possa alleviare la calura. Eolo quel giorno era in ferie. La temperatura di trenta gradi accompagnò i corridori per tutti i 224 Km chilometri da Pau a Bordeaux in un percorso monotono e pianeggiante. La testa del gruppo procedeva a velocità costante risparmiandosi per il rush finale. C’erano tutte le condizioni per supporre che la diciassettesima tappa non avrebbe regalato emozioni.

Ad un certo punto però qualcosa cambiò. Abbagliati da quello che inizialmente pensavano fosse un miraggio, accelerarono il passo per raggiungere un posto di ristoro in cui gli spettatori avevano preparato tavoli su cui erano adagiate bottiglie di birra ghiacciata.Julien_Moineau2.jpg

La birra è composta per oltre il 90% di acqua, una valida alternativa per reintegrare i livelli di liquidi, energia e minerali nell’organismo. Il vantaggio della birra sull’acqua derivava dal processo di pastorizzazione del mosto il che la rendeva la scelta più sicura quando si accettavano bevande offerte dagli spettatori.

Julien_Moineau3.jpgMentre alcuni si rifocillavano senza palesare la benché minima intenzione di ripartire, il francese Julien Moineau si involò verso l’arrivo cercando di resistere alla tentazione.

Poco più avanti altri sostenitori a bordo strada gli fornirono da bere e questo gli permise di aumentare il suo vantaggio, tagliando da solo il traguardo con un tempo di 7h:34’:30”. Gli inseguitori arrivarono con un distacco di 15’:33”.

 

Julien Moineau non l’ha mai detto ma è probabile che fosse a conoscenza che lungo il percorso lo avrebbe aspettato un banchetto di birra. Addirittura, si pensa sia stato lo stesso Moineau a organizzarlo. Il lungimirante vincitore aveva iniziato la corsa con una corona anteriore a 52 denti invece della versione comune a 44 o 50 denti. Questa scelta contribuì a gestire meglio le energie rivelandosi una mossa vincente.

Celebrò la sua impresa di oltre duecento chilometri con un boccale di birra che precedentemente in gara aveva “snobbato”.

 

 

 

Fonte: Wikipedia; Storia di Europa in 24 Pinte